Giovanna Beccuti
Una stanza piena di fumo e di fogli: in federazione Bruno lavora così.
Imparo da lui una cosa che si rivelerà importante: leggere i dati elettorali.
Non posso disgiungere la sua figura dalla sigaretta in bocca o dall’avere avuto sempre qualche foglio in mano. Certo al tempo dei Ds non sono la sua preferita (vengo dal Psi), il suo pupillo è Fabrizio (Brignolo), ma abbiamo una buona intesa, lui anche una memoria di ferro poderosa… conosce tutto di tutti, dal politico al militante, dal cittadino al contadino, a dimostrazione dello stretto rapporto che ha con il territorio, e anche gli avversari lo rispettano.
Un giorno mi siedo accanto a lui e cominciamo ad analizzare i dati elettorali che arrivano dalle sezioni trasmessi al telefono dai militanti: numeri su numeri, fogli su fogli. Mentre li studia, Bruno riflette ad alta voce: in quel paese i compagni hanno lavorato davvero bene, là bisognava fare di più… Scorrono nelle sue mani fogli enormi con le sezioni di Asti e dei comuni della provincia, guarda i numeri e li confronta, scrive appunti… un lavoro lungo e certosino che prende in esame anche i risultati delle precedenti elezioni per capire se stiamo andando avanti o indietro.
E io guardo con lui, che traccia le linee col righello, preciso preciso, e guardo lui: ha quella specie di modo di… ruminare mentre pensa che mi fa sorridere.
Quella prima volta e poi tante altre lo vedrò anche fare un’altra cosa: rimettersi a studiare i dati elettorali il giorno dopo, quando c’è l’ufficialità del risultato e non solo le telefonate dei compagni. E ricominciamo, ci rimettiamo ad analizzare tutto… e sento anche quanto sia gentile con me (ci fermeremo sempre volentieri a parlare) e comprendo una cosa di cui ancora oggi resto convinta: indipendentemente da chi è il segretario di partito, è lui il vero regista.
Giovanni Pensabene
Bruno Ferraris è stato tante cose, per la mia famiglia soprattutto l’uomo che ha celebrato il matrimonio civile tra Fulvia e me. Il fatto è che io, fino a quel momento, vivendo a Torino lo conoscevo soltanto di fama. Quindi la nostra conoscenza avvenne il giorno del matrimonio, ci presentammo direttamente lì!
Quando Alfredina Dorigo ci propose come officiante Bruno, con cui aveva un legame molto forte, io fui contento: per me era un soggetto interessante! A quel tempo, era il 1987, lui era consigliere comunale ed era già stato assessore regionale, rendendo il Piemonte tra le regioni più avanzate e feconde di iniziative e normative in campo agricolo. Io avevo 26 anni ed era laureato in Agraria.
Dopo la cerimonia Bruno si intrattenne con noi al pranzo, il suo elogio non fluentissimo faceva intendere che mentre parlava stava già pensando ad altro, i pensieri sempre in movimento. Tra l’altro le foto dei momenti ufficiali del matrimonio, a guardarle dopo, rivelarono un particolare di me che ignoravo: quella in cui compare anche Bruno e io e Fulvia stiamo firmando a testa china, mi ha fatto scoprire che avevo un’incipiente calvizie!
C’è un altro momento particolare in cui ricordo Ferraris: non dimenticherò il suo pianto il giorno dei funerali di Alfredina. Era il 2005, qualche mese dopo sarebbe morto anche lui.
Ma conservo anche ricordi che fanno sorridere. Per esempio, quello di due soggetti ormai avanti negli anni (Ferraris e Oddino Bo) che discutono vivacemente davanti all’edicola di via Garibaldi. Li raggiungo divertito e dico: “Però, oggi la Fgci fa delle riunioni piuttosto animate!”.
Bruno sorride, Oddino mi guarda e parte con una delle sue fisse: “A proposito: cosa pensi dell’uso plurimo delle acque del Tanaro?…”. Cerco una risposta sbrigativa, ma loro non mollano, sono collaudati alla discussione: resto un’ora lì, a dibattere in strada con i giovanotti della Fgci…
Flavio Pesce
La domenica mattina si diffondeva l’Unità e Bruno arrivava con Milani per parlare con la gente. Ovunque andasse, era uno del posto ed era conosciuto da tutti, uno che entrava nelle case, conosceva i vissuti delle famiglie.
Quando arrivava in piazza, la piazza si fermava: lo si vedeva già in lontananza, perché era alto e si distingueva dagli altri, c’era sempre chi lo riconosceva.
I contadini gli si avvicinavano e gli chiedevano in piemontese: “Cosa capita?”, “Cosa fanno a Roma per noi e cosa fate voi?”. Bruno rispondeva con un linguaggio semplice per essere compreso da tutti e ascoltava con attenzione, la pipa in bocca: lo consideravano uno di loro. Capiva il mondo contadino, gli affanni e le aspettative, le urgenze e le rabbie. E quel comunista che aveva tempo da dedicare a ognuno veniva naturalmente riconosciuto per quello che era: una persona onesta e preparata di cui avere fiducia.
Io, giovane ventenne, ascoltavo e cercavo di imparare e giravamo insieme le piazze, e se ne andavano le nostre domeniche a Nizza, Fontanile, Incisa, Cortiglione, Calamandrana, Castelnuovo Calcea…
Franco Testore
Di Bruno mi piace tirare fuori un ricordo dove però emerge soprattutto Giselda.
E’ un piccolo aneddoto, diciamo così, sulla devozione della donna comunista.
Roma 1989, XVIII congresso del PCI, apre Natta e relaziona Occhetto, che verrà rieletto: sono tra i 270 invitati essendo stato candidato, come indipendente, alle Politiche di due anni prima.
Nella delegazione c’è anche Bruno, accompagnato a Roma da Giselda, che però non è delegata.
Ogni mattina sul pullman che passa a prendere i congressisti nei vari alberghi, per portarli al Palaeur, trovo Bruno con Giselda, seduti vicini. Quando arriviamo alla meta, la salutiamo, scendiamo e lei resta a bordo.
La sera, dopo una giornata di lavori, quando risaliamo sul bus, c’è Giselda ad aspettare Bruno. Così per tutti i cinque giorni del congresso. Giselda non perde un giro: è sempre sul bus, all’andata e al ritorno, nonostante ogni volta per raggiungere il Palaeur si debba attraversare mezza città.
La sua presenza un po’ mi fa tenerezza e un po’ mi fa sorridere. Non oso chiederle quanto tempo perda ogni volta a starci dietro invece di vedere Roma.