La tenerezza di Bruno e il suo cantare a squarciagola sono gli unici ricordi precisi di lui che mi appartengono.
Avrò avuto intorno ai cinque anni quando mio padre mi incaricò di andare a portare una lettera a Ferraris che allora era segretario del Pci. La strada la sapevo bene, tante volte lo avevo accompagnato in Federazione, perciò partii tranquillo. Ma quando arrivai lì, saranno state le stanze dai soffitti alti o la porta sempre chiusa del segretario… rimasi intimorito.
Posso sentire ancora adesso lo smarrimento che mi inondò e che si trasformò in sollievo quando Bruno mi sorprese nel salone del Comitato Federale e mi accolse con tenerezza in un abbraccio.
Il secondo ricordo si ferma alla festa per gli ottant’anni di mio padre, nel 2002, al ristorante Violetta di Calamandrana.
Sarà stata la compagnia di persone molto affini tra loro, il buon vino che svuotò le bottiglie o la gioia di amici e familiari nell’accompagnare mio padre a un traguardo così importante della vita… sicuramente tutto contribuì a lasciarsi andare. Bruno, piacevolmente scatenato, intonava canti partigiani, in un’esibizione trascinante che ci coinvolse allegramente tutti. Quel giorno mi sorpresi a pensare che ci stava regalando una versione di sé piuttosto inedita e così ora la racconto con tutta la gioia complice, rumorosa e profonda che attraversò quella giornata.
Nei ragionamenti, Bruno mette la sua esperienza umana e politica: spende tutto di sé, con l’interlocutore più affermato come con la persona più semplice. E’ il suo modo di essere.
E’ così anche con me, fin dall’inizio.
Nel 1974 ho una trentina d’anni, sono segretaria dell’Arci, organizzo al Teatro Alfieri il concerto degli Inti-Illimani, c’è fermento in città e poco dopo entro nel Pci.
Arrivo dai movimenti della sinistra cattolica, il Pci lo considero il partito che ha più coerenza con i valori e gli ideali per cui mi batto.
“Come mai sei qui?”: Bruno è attento alle motivazioni di chi si accosta al partito. Lo è anche con me. Considera il dialogo non solo come un momento necessario, ma come una ricchezza, un’occasione di confronto attraverso cui crescere insieme.
Gli racconto cosa vuol dire per una cattolica come me far politica leggendo il Vangelo. Avrò con lui molti momenti necessari e tante altre occasioni di arricchimento personale. Continuerà a essere la stessa persona con cui ho avuto a che fare la prima volta: attenta verso gli altri, retta, capace, cordiale ma, a prima vista, anche un po’ severa.
Pochi mesi dopo il mio ingresso nel partito vengo candidata, nel 1975, in Consiglio Comunale e sono eletta. Per il suo modo di accostarsi a me, militante o assessore che io sia, ricordo Bruno con affetto e sono grata del suo rispetto, perché lui era uno che non diceva “devi fare così”, ma “tu che cosa faresti?”.
Vestiva sempre elegante, sceglieva con attenzione giacche e cravatte perché i comunisti, diceva, quando andavano a rappresentare le istituzioni tra la gente dovevano mostrarsi bene.
Perciò trovò del tutto naturale dire a Claudio, neo consigliere comunale nel 1975, di mettersi la cravatta la sera dell’insediamento in Municipio. Lui fu costretto ad andare a comprarla perché non ce l’aveva, dopo mezz’ora in Consiglio l’aveva già allentata e Bruno lo guardava male!
Con me, iscritta alla Fgci, non fu da meno.
Negli anni Settanta ero la fidanzata poco più che ventenne di Claudio, che faceva il funzionario di partito, e andavo spesso a trovarlo in Federazione.
Un giorno Ferraris, di cui avevo una grande stima perché aveva radici contadine come i miei nonni, e Dario Ardissone, che invece mi incuteva una certa soggezione, ebbero da ridire sul mio abbigliamento. Era meglio, dissero, che evitassi di portare i pantaloncini corti (poco sopra il ginocchio) quando andavo in Federazione. “Ma io sono una ragazza del Sud e quando c’è caldo sono abituata ad andare così!” mi difesi. Da quel giorno, comunque, misi più attenzione all’abbigliamento per andare in via XX Settembre.
Tutta roba che non conservo più, a differenza della cravatta blu a righe bianche, ancora nell’armadio, che segnò l’ingresso di Claudio in Consiglio Comunale sotto l’occhio vigile e affettuoso di Bruno.